Corte di Giustizia dell’Unione Europea: Direttiva sulla tutela dei dati personali e la registrazione su video

La direttiva sulla tutela dei dati personali consente, in linea di principio, di trattare dati di tal genere solo se l’interessato ha dato il proprio consenso. Nondimeno, essa non si applica al trattamento di dati effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico. Il sig. Ryneš e la sua famiglia sono stati oggetto diverse volte di attacchi da parte di uno sconosciuto e, inoltre, le finestre della loro abitazione sono state infrante in diverse occasioni. In risposta a queste aggressioni, il sig. Ryneš ha installato sulla casa della sua famiglia una videocamera di sorveglianza la quale filmava l‘ingresso di quest‘ultima, la pubblica via nonché l‘ingresso della casa situata di fronte. Investito di un ricorso in cassazione nella controversia tra il sig. Ryneš e l’Ufficio, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa della Repubblica ceca) chiede alla Corte di giustizia se la registrazione effettuata dal sig. Ryneš allo scopo di tutelare la propria vita, la propria salute e i propri beni (ossia, la registrazione di dati personali di individui che hanno attaccato la sua abitazione dalla pubblica strada) costituisca un trattamento di dati non disciplinato dalla direttiva, essendo tale registrazione effettuata da una persona fisica per l‘esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico.

Nella sua sentenza C-212/13 la Corte ricorda, in primo luogo, che la nozione di «dati personali» ai sensi della direttiva comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile. È considerata identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, mediante riferimento ad uno o più elementi specifici, caratteristici della sua identità fisica. Di conseguenza, l’immagine di una persona registrata da una telecamera costituisce un dato personale, poiché consente di identificare la persona interessata. Parimenti, la videosorveglianza che comprenda la registrazione e l’immagazzinamento di dati personali rientra nella sfera d’applicazione della direttiva, poiché costituisce un trattamento automatizzato di tali dati.

In secondo luogo, la Corte dichiara che l’esenzione prevista dalla direttiva relativamente al trattamento di dati effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico dev’essere interpretata in modo restrittivo. Pertanto, una videosorveglianza che si estende allo spazio pubblico e che, di conseguenza, è diretta al di fuori della sfera privata della persona che tratta i dati non può essere considerata «un’attività esclusivamente personale o domestica».

Applicando la direttiva, il giudice nazionale deve tenere in considerazione, nel contempo, il fatto che le sue disposizioni consentono di valutare l’interesse legittimo del responsabile del trattamento alla protezione dei beni, della salute e della vita propri nonché della sua famiglia. In particolare, in primo luogo, il trattamento di dati personali può essere effettuato senza il consenso dell’interessato, segnatamente quando è necessario alla realizzazione dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento. In secondo luogo, una persona non dev’essere informata del trattamento dei suoi dati, se l’informazione di quest’ultima si rivela impossibile o implica sforzi sproporzionati. In terzo luogo, gli Stati membri possono limitare la portata degli obblighi e dei diritti previsti dalla direttiva, quando una siffatta limitazione è necessaria per salvaguardare la prevenzione, la ricerca, l’accertamento e il perseguimento di infrazioni penali o la tutela dei diritti e delle libertà altrui.

La Corte non spiega, se i dati della registrazione su video sono dati sensibili.